A due passi dal ristorante.....
IL CASTELLO DI CASTELLAR
Il suggestivo maniero, ben visibile imboccando la valle Bronda, sovrasta da un poggio roccioso l’abitato di Castellar. Le prime notizie certe sulla sua storia risalgono al 1357, anno in cui il marchese di Saluzzo Tommaso II lascia in eredità al figlio terzogenito Azzone il castello e il feudo, originando così il ramo dei Saluzzo-Castellar. Da quel momento divenne dimora stabile della famiglia, che lo abitò fino al 1940. Innumerevoli furono le traversie che l’edificio subì nella sua lunga storia: sappiamo di un grave incendio che quasi lo distrusse nel 1522 e di almeno due terremoti che lo danneggiarono gravemente, uno nel 1509 e un altro nel 1740.
Più volte restaurato e rimaneggiato nel tempo, deve il suo aspetto odierno ad una serie di importanti lavori realizzati tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Seguendo il gusto romantico dell’epoca, l’intervento ha profondamente alterato le strutture originarie, donando al maniero un aspetto neo-medioevale con tanto di ponte levatoio e torri merlate.
L’interno è suddiviso in ampi saloni, la maggior parte dei quali affrescati e dotati di soffitti a cassettoni riccamente dipinti. Due gallerie centrali, una al primo piano e l’altra al secondo, separano i saloni.
Al piano nobile, gli attuali proprietari hanno curato l’allestimento di una importante collezione di uniformi militari e armamenti leggeri del Regio Esercito Italiano, dall’Unità d’Italia alla seconda Guerra mondiale. Un piccolo ma interessante museo etnografico è visitabile nella scuderia e nella foresteria del castello.Fa da cornice al castello un giardino a terrazzo di 600 mq contornato da muro merlato.
Il Castello, sede di ricevimenti, feste ed eventi, è visitabile contattando la proprietà ai numeri 0175.76141 oppure 338.7717709, o scrivendo a anselmo@marchesatodisaluzzo.com
LA CAPPELLA DI SAN PONZIO
La cappella campestre di San Ponzio sorge alcune centinaia di metri fuori dall’abitato di Castellar, non lontano dalla strada che congiunge l’abitato alla strada provinciale 260 Saluzzo-Martiniana Po. Ordinati frutteti impediscono dalla strada la vista dell’edificio, che si svela soltanto dopo aver percorso una breve via sterrata. Al centro di una sorta di radura compare la piccola cappella, che con la sua presenza antica e solitaria irradia un fascino del tutto particolare. Le prime
notizie dell’edificio risalgono al XIII secolo, anche se abbiamo alcune informazioni precedenti: l’area su cui sorge aveva funzione cimiteriale e faceva parte di un insediamento donato da Enrico di Brondello all’Abbazia di Staffarda nel 1138. In origine la cappella era dedicata a San Sebastiano, a cui si riferiscono la maggior parte degli affreschi presenti all’interno, mentre la denominazione “San Ponzio” spettava alla chiesa posta nel centro del paese di Castellar, poi distrutta nel 1725 per lasciare il posto all’attuale Parrocchiale. Dall’esterno è possibile intuire una parte dell’evoluzione dell’edificio: la parte più antica risulta essere l’abside, mentre è probabile che l’attuale portico sia quanto rimane di una seconda navata. Il vero piccolo gioiello è l’interno della costruzione che conserva un ciclo di affreschi attribuiti a Pietro Pocapaglia da Saluzzo la cui bottega, ispirata al sognante gotico internazionale in versione lombarda, fu attiva dal 1438 al 1480.
Gli affreschi di San Ponzio rivelano figure morbide nei tratti, espressive e dai gesti controllati, che trasmettono un tono pacato con un tocco di eleganza cortese nei drappeggi dei panni.
Nei riquadri si vedono:
·- la Madonna in trono con il committente inginocchiato;
·- santa Caterina, santa Lucia protettrice della vista, santa Apollonia invocata contro il mal di denti;
·- l’adorazione dei Magi;
·- il martirio di San Ponzio
·- scene della vita di san Sebastiano (il dialogo con Diocleziano, il martirio con le frecce, la decapitazione, infine la glorificazione);
Nell’abside con volta a botte:
· la SS. Trinità con, a lato, san Costanzo (?) e san Sebastiano.
Nella parete sinistra, di altra bottega, è l’affresco con san Giorgio che uccide il drago, riportato alla luce nel corso del restauro del 1968